Microfoni da studio: mega guida all’acquisto

Microfoni da studio: mega guida all’acquisto

L’acquisto di un microfono da studio è sempre relativo al principale utilizzo che intendiamo farne: sebbene esistano dei microfoni da studio che si adattano bene anche a diverse sorgenti sonore, e che si prestano all’ottenimento di più di una sola sonorità, in produzioni di un certo livello sono solitamente coinvolti almeno cinque diversi tipi di microfono, ciascuno ottimizzato per un ristretto range di utilizzi.

La suddetta non è una regola fissa, è bensì strettamente legata al gusto del produttore artistico, e dell’artista qualora abbia anch’esso velleità di produzione: inserire molte sonorità in un solo brano può infatti essere la strada per un’esperienza mistica, ma anche per l’ottenimento di un miscuglio il cui ascolto potrebbe essere fuorviante per i più, e la cui produzione non sarebbe esente da difficoltà spesso, in relazione al repertorio in lavorazione, immotivate.

Il mio gusto personale in merito è che “meno è meglio”: nella registrazione, per esempio, di una chitarra acustica, la soluzione che più spesso adotto è quella di usare un solo microfono da studio, rigorosamente a condensatore, cardioide e rigorosamente a diaframma stretto, posizionandolo rispetto allo strumento verso la zona che mi restituisce il suono che meglio si sposa con gli altri suoni del brano.

In parole povere, se un pezzo è già pieno di bassi, onde evitare un pastone eviterò di riprendere la buca della chitarra (dove si concentrano le basse), e tenderò a spostare il microfono verso il ponte, dove solitamente si cattura un timbro più squillante e presente, giocando con gli angoli e la distanza.

Per fare questo, però, ho bisogno di un microfono che sia in grado di riprendere nel miglior modo possibile le frequenze che io ho scelto, ossia che fornisca la risposta in frequenza ideale allo scopo, una direttività congeniale al posizionamento che ho scelto, e una serie di altri criteri tecnici che, per quanto indicativi delle prestazioni del trasduttore potrebbero anche, a seconda dei casi, essere del tutto irrilevanti.

Da questo semplice esempio si evincono tre necessità:

  • Ascoltare e “capire” lo strumento da microfonare;
  • Considerare il ruolo dello stesso all’interno del dato contesto musicale;
  • Flessibilità, ma non troppa, se vogliamo che la nostra produzione conservi un’identità.

Questo articolo vuole essere il punto di riferimento per tutti coloro abbiano il desiderio o la necessità di inserire nelle proprie produzioni uno strumento reale, una voce, un rumore o una ripresa ambientale, ma che non sanno ancora orientarsi nella scelta di un microfono.

L’obbiettivo di questo articolo è fornire alcuni spunti di natura pratica e tecnica, necessari affinché il neofita, producer e/o tecnico che sia, diventi in grado di acquistare consapevolmente il microfono giusto per arricchire le proprie e altrui produzioni presenti e future.

CLASSIFICAZIONE

È utile classificare i microfoni in relazione a due principali e fondamentali caratteristiche che esprimono rispettivamente:

  • la figura polare, ossia la sensibilità di un microfono rispetto alla sorgente sonora da riprendere ed il modo in cui essa varia al variare della distanza e dell’angolazione;
  • il sistema trasduttore, ossia la modalità con cui il suono viene trasformato in segnale elettrico.

FIGURA POLARE

La sensibilità di un microfono rispetto all’angolazione e alla distanza di una sorgente sonora è rappresentata qualitativamente da un grafico detto figura polare, o polar pattern.

La figura polare si presenta come una, o due curve chiuse e simmetriche rispetto all’asse della capsula microfonica, atte a fornire una rapida indicazione visiva della sensibilità del microfono alla pressione sonora.

Conoscere il comportamento del microfono nelle diverse situazioni di ripresa è estremamente importante in quanto ci permette di acquistare il microfono giusto per le nostre esigenze, e di usarlo al meglio; è bene sapere che esistono microfoni che permettono più di una configurazione: essa varia con lo spostamento di un selettore, o con la sostituzione della capsula microfonica.

FIGURA OMNIDIREZIONALE

Questa figura esprime una risposta pressoché uniforme a qualsiasi angolazione, sebbene, di fatto, il corpo del microfono faccia da ostacolo, ad alcune angolazioni, alle alte frequenze, pertanto la sensibilità a quelle frequenze sarà leggermente inferiore rispetto al caso di una ripresa frontale (saperlo è bene, ma nella maggior parte delle situazioni possiamo trascurarlo).

FIGURE UNIDIREZIONALI

Esprimono la massima sensibilità alla sorgente sonora quando essa si trova frontalmente al microfono, e la relativa caduta di sensibilità al variare dell’angolo:

(da sinistra verso destra: figura cardioide, figura supercardioide, figura ipercardioide)

FIGURA 8

Esprime la massima sensibilità per i suoni che provengono dal fronte e dal retro, e la minima (o nulla) per i suoni che provengono dai lati:

SISTEMA TRASDUTTORE

Il microfono è un trasduttore che genera un potenziale elettrico descrittivo della pressione sonora a cui esso è sottoposto. La differenza tra una tipologia di microfono e un’altra, in relazione a questa prima classificazione, è data dalla modalità con cui avviene la trasformazione; a riguardo, le più diffuse tipologie di microfono sono:

  • MICROFONI DINAMICI A BOBINA MOBILE
  • MICROFONI DINAMICI A NASTRO
  • MICROFONI A CONDENSATORE

MICROFONI DINAMICI A BOBINA MOBILE

Il funzionamento di un dinamico è basato sul principio dell’induzione magnetica.

La pressione sonora è intercettata da una membrana mobile, sul retro della quale è incollata una sottile bobina di filo elettrico, le cui spire si sviluppano attorno a un magnete fisso; il movimento della bobina all’interno del campo magnetico (dato dal magnete) genera una tensione elettrica le cui variazioni corrispondono alle onde sonore a cui il microfono è sottoposto.

I microfoni dinamici hanno una buona resistenza meccanica agli urti e non temono l’umidità, pertanto trovano posto principalmente in applicazioni live, sebbene siano usati anche in studio per la ripresa di fonti che offrono una forte pressione sonora (tamburi, amplificatori ad alto volume, alcune parti vocali), ma la ragione del loro utilizzo in studio è anche un’altra… scopriamola.

Il dinamico è “lento”: a causa delle sue caratteristiche meccaniche, la membrana oppone una certa inerzia alle onde sonore, pertanto la sua risposta in frequenza è limitata; rispetto ai canonici 20Hz – 20000Hz, si dice che “hanno un taglio”.

I microfoni dinamici hanno infatti generalmente un taglio che enfatizza le frequenze medie a scapito delle alte, ed una risposta alle basse frequenze estremamente variabile in relazione alla distanza dalla sorgente del suono (“effetto di prossimità”).

Questo “difetto” è in realtà una caratteristica che li rende ideali per la registrazione di strumenti la cui gamma di frequenze utile al mix corrisponde al range di risposta del microfono: il suono ripreso sarà già tagliato e “imbrigliato” sin dalla fase di acquisizione, pertanto gli eventuali successivi interventi di equalizzazione saranno piccoli e non invasivi. Sebbene condividano caratteristiche molto simili, ciascun microfono dinamico offre tagli differenti, e di conseguenza timbri e colorazioni differenti.

Giocare con un dinamico può portare risultati molto interessanti in applicazioni di sound design e in termini di colorazione timbrica.

Cinque dinamici da conoscere assolutamente sono:

MICROFONI DINAMICI A NASTRO

I ribbon (“nastro”, dall’inglese) si includono nella famiglia dei dinamici in quanto anch’essi sfruttano il principio di induzione magnetica. A differenza dei dinamici a bobina mobile, nei microfoni a nastro le onde sonore sono captate da un sottile nastro metallico sospeso tra i poli di un magnete. La loro caratteristica costruttiva li rende sensibili da entrambi i lati del nastro, pertanto la loro figura polare è, solitamente, la “figura-8”; è bene ricordare che esistono alcune eccezioni, come ad esempio il Beyerdynamic M160, ipercardioide.

Sono microfoni dinamici estremamente caratteristici ed interessanti, la cui risposta in frequenza segue una curva paragonabile alla curva di sensibilità dell’orecchio umano, con un taglio che, rispetto ai dinamici a bobina mobile, risulta molto più morbido e naturale sulle alte frequenze.

Essendo stati uno standard di ripresa professionale sino all’avvento, per merito di Georg Neumann, dei microfoni a condensatore, il loro timbro caldo e morbido ha caratterizzato in maniera inconfondibile molte registrazioni del secolo scorso.

Oggi sono particolarmente apprezzati dagli sperimentatori e dai tecnici alla ricerca di sonorità vintage, ma anche per la ripresa di tutti quegli strumenti dei quali si desidera addolcire in maniera molto naturale le frequenze alte senza perdere in definizione.

Pur essendo particolarmente sensibili e notevolmente fragili, con i dovuti accorgimenti possono trovare largo impiego nella ripresa di chitarre elettriche e batterie acustiche, così come ci hanno insegnato produttori del calibro di Eddie Kramer e Steve Albini.

Fra i modelli più importanti al mondo per il loro suono leggendario troviamo:

(da sinistra verso destra: Beyerdynamic M-160, Coles 4038, Royer Labs R-121)

MICROFONI A CONDENSATORE

Il microfono a condensatore sfrutta l’effetto capacitivo: paragonato a un dinamico, il ruolo della membrana è svolto da un diaframma mobile, parallelo e molto vicino a una lamina fissa, assieme a cui costituisceun condensatore elettrico.

La fluttuazione del diaframma mobile che, sollecitato dalle onde sonore, varia la sua distanza rispetto alla lamina fissa,genera continui cambiamenti di capacità del condensatore.

All’interno del microfono vi è anche un circuito elettrico che svolge essenzialmente due funzioni: la prima è di alimentare la capsula – condensatore;la seconda è di produrre il segnale a bassa impedenza corrispondente alle variazioni di capacità del condensatore indotte dalla pressione delle onde sonore captate.

Il suddetto circuito elettrico deve essere alimentato, pertanto affinché un microfono a condensatore funzioni, dobbiamo fornirgli l’alimentazione “phantom”, che di standard è +48V, la quale viaggia sullo stesso cavo di segnale ed è fornita dal mixer, dalla scheda audio o da un pre-amplificatore esterno, e si attiva tramite switch on/off. Nel caso di microfoni a condensatore valvolari, sia la tensione di alimentazione per la valvola che la phantom sono fornite da un unico alimentatore esterno.

Non essendoci, nel design di un condensatore, organi che oppongono particolare inerzia alla pressione sonora come bobine o magneti, questo tipo di sistema trasduttore è molto “veloce” e offre, rispetto al microfono dinamico, una risposta in frequenza molto più ampia e lineare, ed è pertanto scelta comune nella ripresa di strumenti acustici, voci e field recordings, ed in tutti i contesti in cui si richiede che il suono sia il più trasparente e naturale possibile.

Un criterio fondamentale nella scelta di un microfono a condensatore è la larghezza del diaframma, in quanto essa influisce sulla direttività del microfono e sulla sonorità finale: un microfono a diaframma stretto ha una direttività maggiore rispetto a uno a diaframma largo, tuttavia i secondi captano un numero maggiore di armoniche.

Senza perderci in disquisizioni di carattere teorico, potremmo assumere che un microfono a diaframma stretto è maggiormente indicato se si sta cercando un sound più naturale, mentre un diaframma largo è più indicato se si vuole ottenere un sound ricco e corposo; i secondi trovano impiego principalmente nella registrazione della voce.

Tre microfoni a condensatore da considerare per rapporto qualità/prezzo sono:

Tre microfoni a condensatore ben più costosi, ma da conoscere assolutamente sono:

(da sinistra verso destra: AKG C414, Neumann KM184 Stereo Set, Neumann U87)

CONCLUSIONI

Se per il momento non avete la possibilità di provare nessuno di questi microfoni, il mio consiglio è di recarvi presso uno studio di produzione, una sala di registrazione o una sala prove della vostra zona e chiedere che vi vengano fatti provare: molto probabilmente vi sarà aperto un mondo, e incontrerete tecnici molto felici di darvi una mano.

Altre soluzioni potrebbero essere quelle di chiedere consiglio ad un vostro amico musicista, ripiegare su un microfono usato e iniziare a fare pratica con quello.

Evita, così come le cuffie da studio, di acquistare prodotti scadenti e cinesate che non vi farebbero imparare in maniera completa lo strumento e l’arte microfonica.

Qualsiasi sia la soluzione che sceglierete, una volta che avete un microfono tra le mani, indossate le cuffie e ascoltatene il comportamento, cercate di capire come il suono varia in relazione al posizionamento rispetto a una sorgente, sia essa uno strumento, un altoparlante o una voce; prendete nota di quelli che per voi sono dei difetti, oppure dei pregi, osservatene la fattura meccanica, il peso e gli accessori.

Sia che siate alle prime armi, o che già rappresentiate uno studio o siate degli artisti che si autoproducono, acquistare e conoscere un nuovo microfono equivale sempre a salire di livello.

MOUM

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